Margherita Grassini Sarfatti, Venezia, 8 aprile 1880 - Cavallasca, 30 ottobre 1961
 
Date e luoghi
1880 aprile 8-1961 ottobre 30
Venezia, Milano, Cavallasca (Como), Parigi, Asiago, Roma, Uruguay
 
Note biografiche o storia istituzionale
Margherita Grassini nasce a Venezia nell'aprile del 1880 in una ricca famiglia ebrea dall'avvocato Laudadio Amedeo Grassini e da Emma Levi, nipote del famoso medico Giacinto Namias (primario dell'ospedale civile di Venezia e luminare nello studio del colera). E' l'ultimogenita: Colomba, chiamata da tutti Lina, era nata nel 1871, Marco Oscar nel 1873 e Nella nel 1874. Frequentano la casa paterna intellettuali come Antonio Fradeletto e Pietro Orsi (con i quali Margherita studia letteratura italiana e storia), lo scrittore ebreo Israel Zangwill e Antonio Fogazzaro, vicino soprattutto alla sorella Colomba della quale, sicuramente, influenza la conversione al cattolicesimo. Gli anni trascorrono felici per la giovane Margherita, che in estate accompagna la madre alle terme dove conosce un giovane con il quale instaura un'intima amicizia che durerà a lungo: Guglielmo Marconi (Margherita sarà a Rio de Janeiro nel 1931 quando lo scienziato illuminerà il Cristo Redentore con un segnale radio dall'Italia). Crescendo, Margherita diviene sempre più sensibile nei confronti della difficile situazione delle classi sociali più svantaggiate e inizia a coltivare idee socialiste, idee che la portano a fare la conoscenza di un avvocato ebreo che diventerà suo marito nel 1898: Cesare Sarfatti. Il padre Laudadio non approva il legame, sia per l'inferiore posizione sociale di Cesare rispetto alla famiglia Grassini, sia per il fatto che l'avvocato ha 14 anni più della figlia; per tale motivo decide di estrometterla dalla famiglia. Margherita rinuncia con coraggio al lusso e ai privilegi della sua posizione: prende alloggio col marito in un modesto appartamento nel quartiere popolare di Venezia e nel 1900 dà alla luce il suo primogenito Roberto (da Cesare Margherita avrà altri due figli, Amedeo nel 1902 e Fiammetta nel 1907). Nonostante il salotto dei Sarfatti sia un luogo in cui si incontrano personalità come Gabriele D'Annunzio (amico di Cesare), Eleonora Duse, Elisa Ricci, Nina Poletti, Matilde Serao, Vittorio Pica e attori e attrici di teatro come Cécile Sorel, Josephine Baker, Ettore Petrolini, Gabrielle Dorziat, Sacha Guitry, la vita veneziana comincia a stare stretta alle ambizioni culturali e politiche della coppia, che, nell'ottobre del 1902, decide di trasferirsi a Milano, in via Brera 19. Intanto Margherita ha iniziato ad avvicinarsi all'arte scrivendo articoli per i quotidiani e affermandosi come brillante critica nel 1903 in occasione della V Biennale d'Arte di Venezia. I primi anni milanesi sono intensi di collaborazioni con giornali e riviste: Margherita scrive su "L'Unione femminile" di Ersilia Majno, sul periodico "Avvenimenti" di Umberto Notari, su "La Voce" di Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini; tiene inoltre una rubrica d'arte sul quotidiano socialista "Avanti!" dal titolo "Le Ore della Quindicina" dove si firma con lo pseudonimo El Sereno e nel 1912 scrive sulla rivista fondata da Anna Kuliscioff "La difesa delle lavoratrici". Cesare intanto, oltre ad esercitare la professione forense, si dedica alla politica candidandosi nelle liste del Partito Socialista senza tuttavia ottenere grandi risultati. Nel 1908 muore Laudadio Grassini (Emma era morta nel 1900) e Margherita eredita una lauta somma che le permette di trasferirsi con la famiglia in un lussuoso appartamento di Corso Venezia e di acquistare, l'anno dopo, una splendida villa sul Lago di Como chiamata "Il Soldo". Il salotto milanese dei Sarfatti diventa il centro dell'avanguardia artistica della città: lo frequentano i futuristi (Filippo Tommaso Marinetti, Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Luigi Russolo), ma anche Mario Sironi, conosciuto negli uffici di "Avvenimenti", Achille Funi, Medardo Rosso, gli scultori Adolfo Wildt e Arturo Martini, gli architetti Antonio Sant'Elia, Marcello Piacentini e Giuseppe Terragni. Margherita non si circonda solamente di artisti ma anche di poeti e scrittori (Aldo Palazzeschi, Alfredo Panzini, Mario Missiroli, Sem Benelli), di membri illustri della comunità ebraica e di cattolici modernisti come don Brizio Casciola. In questi anni la Sarfatti conosce la poetessa Ada Negri, destinata a diventare una delle sue più intime amiche e ad essere ospite assidua della villa di Cavallasca. Nel 1910 Margherita si reca in viaggio a Parigi e qui incontra gli artisti italiani Anselmo Bucci e Gino Severini, frequenta Ambroise Vollard (scopritore di Cézanne), conosce Henri Matisse, Maurice Utrillo e lo scrittore Francis Carco. Il 1912 è un anno cruciale nella vita della Sarfatti: recatasi negli uffici del quotidiano "Avanti!" vi incontra il nuovo direttore, Benito Mussolini, e fra i due inizia un intenso rapporto intellettuale, politico e sentimentale destinato a durare negli anni. Con l'avvicinarsi della guerra prevale in Margherita l'opzione interventista; da qualche tempo infatti la donna si è allontanata da positivismo, razionalisno e riformismo, cari al pensiero socialista, in cerca di una nuova sintesi culturale moderna che troverà nella elaborazione ideologica del fascismo. Anche Mussolini è favorevole all'intervento dell'Italia in guerra e questo lo porta a dimettersi, il 14 ottobre 1914, dalla carica di direttore del quotidiano socialista e a fondare, un mese dopo, una nuova testata, "Il Popolo d'Italia", alla quale Margherita inizia a collaborare fin da subito. A causa della defezione dal partito Benito viene accusato di essersi venduto alla causa interventista per lucro e viene difeso in tribunale proprio da Cesare Sarfatti. Tra il gennaio e il marzo del 1915 Margherita si reca in Francia dove ha la possibilità di osservare il ruolo della donna nella guerra e, tornata in patria, dà alle stampe un libretto dal titolo "La milizia femminile in Francia". Quando l'Italia entra in guerra si adopera per organizzare un Comitato Pro-Orti Operai finalizzato a promuovere la coltivazione agricola dei terreni della periferia di Milano. Nel luglio del 1917, dopo aver più volte tentato di arruolarsi sotto falso nome a causa della giovane età, il primogenito dei Sarfatti, Roberto, parte per il fonte. Il 28 gennaio dell'anno seguente rimane però ucciso in un'eroica azione sull'Altipiano di Asiago e diventa la più giovane Medaglia d'Oro al Valor Militare di tutta la Grande Guerra. Sul luogo della sua morte verrà eretto un monumento progettato da Giuseppe Terragni e inaugurato nel 1935. La morte del figlio è sicuramente una prova estremamente dolorosa ma non è l'unico grave lutto che Margherita è costretta ad affrontare nel corso della sua vita: nel 1907 era morta la sorella Lina, nel 1916 era mancato Umberto Boccioni, con il quale la scrittrice aveva avuto un legame molto forte, nel 1924 morirà (probabilmente di peritonite) il marito Cesare, nel 1933 perderà la vita in Egitto il fratello Marco e infine nel 1944 la sorella Nella e il marito verranno deportati in un campo di concentramento tedesco e di loro non si saprà più nulla. Margherita continua la sua attività politica a fianco di Benito Mussolini in quelle fasi cruciali che porteranno quest'ultimo ai vertici dello Stato: nel 1918 la scrittrice diventa redattrice de "Il Popolo d'Italia", nel marzo del 1919 è in Piazza San Sepolcro per la fondazione del Partito Nazionale Fascista, nel 1921 fonda con Mussolini la rivista di teoria politica "Gerarchia" (della quale diventerà direttrice nel 1924) e durante la Marcia su Roma del 1922 è a fianco dell'uomo per incoraggiarlo, così come farà durante la spinosa vicenda connessa al delitto Matteotti (1924). Margherita, inoltre, mediante stampa nazionale, cerca di edulcorare all'opinione pubblica il fenomeno dello "squadrismo" fascista. L'altro grande interesse della Sarfatti oltre alla politica è l'arte. Nel 1923 insieme al gallerista Lino Pesaro e agli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironifonda fonda il gruppo artistico "Novecento" con lo scopo di promuovere un ritorno alla tradizione pittorica antica in opposizione alle stravaganze delle avanguardie. Il 26 marzo 1923 ha luogo alla Galleria Pesaro di Milano la prima mostra del movimento, inaugurata con un discorso di Benito Mussolini e l'anno seguente i sette artisti espongono alla Biennale di Venezia. Nel frattempo, però, il gruppo subisce le prime defezioni (Oppi, Dudreville e Malerba lasciano il movimento), tanto che nel 1925 Margherita deve rifondarlo con il nuovo nome di "Novecento Italiano". Ora il comitato direttivo è composto da Funi, Marussig, Alberto Salietti (il segretario), Arturo Tosi, Adolfo Wildt e, al posto di Pesaro, il gallerista Gussoni. L'inaugurazione della prima mostra del "Novecento Italiano" avviene il 14 febbraio 1926 alla Permanente di Milano e anche questa volta a parlare è Mussolini con un discorso sicuramente scritto dalla Sarfatti. Inizia così un intenso periodo di esposizioni che portano il movimento anche al di fuori dei confini nazionali:oltre a partecipare alle Biennali veneziane, il "Novecento Italiano" espone infatti a Parigi nel 1926, a Zurigo nel 1927, ad Amsterdam nel 1928, a Nizza, a Budapest, a Basilea, a Berlino nel 1929 e a Bueno Aires nel 1930, ultimo grande appuntamento del movimento. Ormai la fama di Margherita come promotrice d'arte ha varcato i confini nazionali e prova ne è il fatto che nel 1925 viene chiamata come vicepresidente all'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Parigi, durante la quale la Sarfatti resta affascinata dai nuovi architetti razionalisti, soprattutto da Le Corbusier. La donna è anche una brillante scrittrice: oltre a pubblicare scritti sull'arte, tra cui "La fiaccola accesa. Polemiche d'arte" (1919), "Segni colori e luci" (1923), "Achille Funi" (1925), "Storia della pittura moderna" (1930) e "Daniele Ranzoni" (1935), dà alle stampe nel 1921 una raccolta di poesie, "I vivi e l'ombra" e, nel 1929, un romanzo dal titolo "Il palazzone". La notorietà a livello internazionale, però, arriva con la pubblicazione nel 1925 in Inghilterra della biografia ufficiale di Benito Mussolini, "The life of Benito Mussolini", testo che uscirà l'anno seguente in Italia con il titolo di "Dux". Nell'opera sembra prendere corpo in modo massiccio l'idea del fascismo come religione politica, figlia molto probabilmente della vociana idea di religione civile (Simonetta Urso, Margherita Sarfatti: dal mito del Dux al mito americano, Marsilio, Venezia, 2003)). Il libro (pensato da Giuseppe Prezzolini) ha sostanzialmente il compito di presentare il Duce non solo agli italiani, ma anche al resto del mondo: viene tradotto infatti in diciotto lingue, compreso il turco e il giapponese. Nel 1926 Margherita Sarfatti, all'apice della sua carriera professionale e politica, decide di trasferirsi a Roma con i figli (il marito era morto nel 1924) per essere più vicina a Mussolini, il quale la interpella praticamente su tutto. Ma il forte ascendente che la donna esercita sul Duce è visto con estrema diffidenza dalla famiglia di Benito, che dai primi anni '30 inizia ad entrare prepotentemente nelle stanze della politica italiana. A nulla serve il viaggio durato tre mesi che Margherita intraprende nel 1934 negli Stati Uniti (e la pubblicazione che ne deriva dal titolo "America, ricerca della felicità") per avvicinare l'Italia all'America e di conseguenza allontanarla dalla Germania nazista, con la quale i Ciano stringono alleanze. Anche lo stato maggiore fascista, del quale adesso fanno parte Achille Starace e Roberto Farinacci, non vede di buon occhio l'influenza che Margherita esercita sul Duce e comincia una campagna per screditare la donna. Va così giustificata ad esempio la polemica scatenata nel 1931 da un articolo di Sommi Picenardi sul quotidiano "Il Regime Fascista" diretto da Farinacci, nel quale si dichiara che il ruolo della Sarfatti nella fondazione del gruppo artistico "Novecento Italiano" era stato del tutto marginale e che quindi la fama che le era derivata era sostanzialmente immeritata. Tale controversia continua per anni e vi partecipano, scrivendo contro Margherita, Farinacci stesso e il gallerista Lino Pesaro chiamando in causa addirittura Antonio Maraini e Ugo Ojetti, finché nel maggio del 1933 compare su "Il Popolo d'Italia" l'articolo dal titolo "Basta!" firmato da Mario Sironi. Nel 1934 il movimento novecentista cessa di esistere: la voce dell'Enciclopedia Treccani stilata in quell'anno da Palma Bucarelli parla del Novecento come di un evento passato. L'ultima apparizione ufficiale di Margherita Sarfatti a Palazzo Venezia avviene il 9 maggio 1936, durante la proclamazione dell'Impero. Nel novembre del 1938, a causa dell'inasprimento delle leggi antisemite che la fanno temere per la propria vita, Margherita, dopo essere stata a Roma per congedarsi dalla regina Elena, varca il confine con la Svizzera e si trasferisce a Parigi in esilio volontario. Ma anche in Francia non si sente al sicuro (è costantemente seguita dai Servizi Segreti del regime) e nel settembre del 1939 si imbarca per raggiungere il figlio Amedeo in Uruguay. Intanto, in Italia, il nome della scrittrice appare nella lista degli "autori non graditi" e le sue pubblicazioni sono ritirate dal circuito editoriale. In America Latina la Sarfatti collabora con giornali urguayani e argentini e tra il giugno e il luglio del 1945 compare su "Crìtica" la serie di articoli "Mussolini como lo conoci", anticipazione giornalistica di uno scritto redatto in inglese dal titolo "My fault", un'autobiografia in cui Margherita racconta del suo rapporto con Benito Mussolini destinata, però, a rimanere inedita. Margherita ritorna in Italia nel luglio del 1947, prende alloggio a Roma, all'Hotel Ambasciatori, e in estate si rifugia nella villa di Cavallasca. Riprende l'attività di scrittrice pubblicando "Casanova contro Don Giovanni" nel 1950, "Acqua passata" (un libro di memorie) nel 1955 e "L'amore svalutato" nel 1958. Scrive d'arte per il quotidiano "Roma" di Napoli, per la rivista "Scena Illustrata" e collabora con il periodico "Como" di Carla Porta Musa, con la quale stringe una profonda amicizia. La Sarfatti tuttavia fatica a farsi strada nella vita culturale italiana del dopoguerra e a vincere la diffidenza nei suoi confronti: è vista ancora come colei che ebbe un ruolo di primo piano nell'avvento del fascismo in Italia. Margherita Sarfatti muore nella notte tra il 29 e il 30 ottobre del 1961 nella villa di Cavallasca.
 
Fondi archivistici
Fondo Margherita Sarfatti >>