Grubicy De Dragon, Vittore, Milano, 1851 ottobre 19 - Milano, 1920 agosto 4
 
Date e luoghi
1851 ottobre 19 - 1920 agosto 4
Nato a Milano, morto a Milano. Risiede a Milano. Negli anni '80 dell'Ottocento la sua attività di commerciante d'arte lo porta a compiere lunghi soggiorni in Inghilterra, Belgio ed Olanda.
 
Note biografiche o storia istituzionale
Commerciante di opere artistiche, critico d'arte e pittore. Intraprende gli studi umanistici che è presto costretto ad interrompere a causa della morte prematura del padre nel 1870, che lascia la numerosa famiglia (5 figli e una figlia) in gravi difficoltà economiche. Nell'autunno dello stesso anno si trasferisce in Inghilterra, risiedendo soprattutto a Londra, dove inizia ad interessarsi al commercio di opere d'arte contemporanea. Il suo lavoro viene presto esteso anche ai mercati e alle esposizioni di belle arti di tutta Europa, in particolare di Francia, Germania, Belgio e Olanda. I suoi interessi si concentrano soprattutto sui pittori di paesaggio della scuola di Barbizon e di quella dell'Aja, sui preraffaelliti e su J. F. Millet, mentre in Italia è particolarmente attratto dalla pittura della scapigliatura lombarda e specialmente da T. Cremona e D. Ranzoni. Dopo aver collaborato per anni con una galleria di Milano, nel 1876 la rileva e ne diviene titolare insieme al fratello Alberto. Grazie a tale attività acquistano fama giovani artisti come G. Segantini, E. Longoni, A. Tominetti, G. Previati, A. Morbelli, per i quali Grubicy non è solo un mercante, ma un amico e un maestro capace di aggiornarli sulle più recenti teorie relative alla luce e al colore. Pur non avendo mai frequentato l'Accademia, già nel 1884 inizia dipingere lui stesso, sotto l'influsso della pittura olandese e in particolare di A. Mauve, suo caro amico. I suoi primi tentativi non hanno alcun tipo di pretesa ma nascono dalla necessità interiore irrefrenabile di esprimere visivamente le nuove concezioni sulla luce. Le località bergamasche di Fiumelatte, Orta, Vilminore, Schilpario figurano tra i luoghi a lui cari, nei quali si ritira alla ricerca di tranquillità e che diverranno soggetti ricorrenti della sua pittura. Alla fine del 1889 abbandona il lavoro alla galleria commerciale a causa di gravi divergenze gestionali con il fratello. Negli anni successivi intensifica la sua attività di pubblicista (scrive regolarmente per "La Riforma" di Roma, dal 1886 al 1893, e poi per "Cronaca d'arte", "Il Secolo", "L'idea liberale", "Triennale di Torino", "Pensiero italiano", "La Cronaca di Brera", "La Sera") e di promotore culturale, esponendo inoltre le sue opere a diverse rassegne, dalle Triennali milanesi alle Biennali veneziane. Colpito fin da giovane da una sempre crescente sordità, dal 1892 inizia a rifugiarsi regolarmente nella solitudine di Miazzina (Verbania), che diventerà un altro dei luoghi privilegiati riprodotti nei suoi dipinti. Dal 1901 iniziano a comparire in lui i primi sintomi di una grave forma di esaurimento nervoso e di ipocondria, che si riacutizzeranno nel 1904 e che lo porteranno a limitare la sua attività espositiva al solo appuntamento della Biennale di Venezia per concentrare le energie. In quegli anni inizia con B. Benvenuti, giovane pittore livornese, un profondo rapporto di amicizia e un sodalizio artistico che accompagnerà il maestro fino agli ultimi giorni della sua vita. Nel 1904 l'amico F. Tessaro di Amsterdam lo incarica di fare per suo conto un viaggio per l'Europa con l'obiettivo di rintracciare le opere di T. Cremona facenti parte della collezione Forbes. Dal 1911 riprende e revisiona in chiave divisionista, tutta la sua produzione precedente, in una incessante ricerca dell'espressione più profonda e perfetta dei suoi stati d'animo. Negli ultimi anni della sua vita si ritira quasi completamente dalla vita pubblica partecipando solo ad alcune importanti esposizioni, mantenendosi in contatto epistolare con moltissimi artisti, che gli facevano spesso visita, vedendo in lui il simbolo dell'inquietudine e della ricerca pittorica. Alla morte proclama Benvenuto Benvenuti suo erede universale ed incarica il direttore d'orchestra A. Toscanini ed il pittore A. Tosi di selezionare le sue opere per destinarle ai più importanti musei italiani. Figlio di Alberto Grubicy De Dragon, barone ungherese, funzionario amministrativo e di Antonietta Mola, discendente da una nobile famiglia di Lodi. Tra i fratelli (4 maschi e una femmina), le relazioni più strette si ebbero con Alberto - con cui gestisce una galleria d'arte a Milano - con Cesare e con Leopolda. Significativo, a partire dal 1903, il rapporto di amicizia e il sodalizio artistico con il pittore B. Benvenuti, suo discepolo, che nomina erede testamentario e che diviene custode materiale e morale della sua memoria. La sua attività di scopritore di talenti lo porta a proficue relazioni con i pittori G. Segantini, E. Longoni, A. Tominetti, G. Previati, A. Morbelli e altri. Stretta amicizia lo lega al direttore d'orchestra A. Toscanini, al pittore A. Tosi - nominati esecutori testamentari - e, tra gli altri, ai pittori M. De Maria ed A. Mauve.
 
Fonti e note alla scheda
Fonti archivistiche:
Museo di arte moderna contemporanea di Trento e Rovereto, Fondi Grubicy - Benvenuti (1862-1959 con carte anteriori dal 1811 e seguiti al 1991): Fondo Grubicy (1862-1921 con carte anteriori dal 1811).
Bibliografia:
Valsecchi, M., Vercellotti, F."Vittore Grubicy De Dragon". Milano: Silvana Editoriale d'Arte, 1976
"Omaggio a Vittore Grubicy De Dragon. Mostra retrospettiva nel 65° anno della scomparsa: 15 novembre - 31 dicembre 1985". Galleria d'arte Cavour. Como: Laboratorio tipografico Casa Divina Provvidenza, 1985
Rebora, S. "Vittore Grubicy De Dragon. 1851-1920". Milano: Jandi Sapi Editori, 1995

La scheda è stata compilata da Stefania Donati in data 11 giugno 2002 sulla base delle informazioni fornite da Francesca Velardita, ordinatrice del Fondo Grubicy.
 
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