Baldessari, Luciano, Rovereto, 1896 dicembre 19 - Milano, 1982 settembre 16.
 
Date e luoghi
1896 dicembre 10 - 1982 settembre 26
Rovereto (TN) Berlino dal 1923 al 1926 Milano dal 1926 al 1939 e dal 1948 al 1982 (studio: dal 1927 in via Santa Marta n. 25, dal 1948 in via Borgonuovo n. 9. dal 1954 in corso di Porta Romana n. 6 ) New York dal 1939 al 1948
 
Note biografiche o storia istituzionale
Architetto, scenografo teatrale e cinematografico, nonché curatore di allestimenti per mostre e per padiglioni fieristici; si dedica anche alla pittura e al disegno. Nasce il l0 dicembre 1896 a Rovereto da Leopoldo e Maria Casetti, sesto di nove figli Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1906, è ospitato all’Istituto Orfanotrofio di Rovereto, dove conosce fortunato Depero che gli impartisce le prime lezioni di disegno. Nel 1909 si iscrive alla Scuola reale superiore Elisabettina di Rovereto, dove ha per insegnante di disegno Luigi Comel, maestro di altri futuri artisti tra cui Fortunato Depero, Tullio Garbari, Fausto Melotti e Giorgio Wenter-Marini. Nel 1913 aderisce al Circolo futurista roveretano guidato dall'amico Fortunato Depero. Sfollato in Austria a causa della guerra, termina la Scuola reale a Vienna, dove ha modo di conoscere le opere dei maestri dell’architettura contemporanea, Hoffmann e in particolare Loos. Dopo aver prestato il servizio militare nell'esercito austriaco, nel 1919 rientra in Italia e si trasferisce a Milano: si iscrive al Politecnico e frequenta contemporaneamente i corsi di prospettiva scenografica a Brera. A questi anni risale l’inizio delle amicizie con il compositore Riccardo Zandonai e lo scultore Fausto Melotti. Consegue la laurea in architettura nel 1922. Dal 1923 al 1926 vive a Berlino, in quegli anni centro europeo d'avanguardia per movimenti artistici quali espressionismo, razionalismo architettonico e nuova oggettività, dove si occupa prevalentemente di scenografia cinematografica e di pittura ed entra in contatto con artisti ed architetti quali Oscar Kokoschka, Otto Dix, Walter Gropius e altri; per un breve periodo ospita l'amico roveretano Carlo Belli. Rientrato in Italia si occupa di allestimenti per mostre e per padiglioni fieristici (Mostra nazionale serica di Como, nel 1927, Teatro della moda alla Fiera di Milano), di arredamento (Libreria Notari a Milano, nel 1927) e di scenografia teatrale (bozzetti per l'opera "Il Giuliano" di Riccardo Zandonai), lavori che risentono, in questa prima fase, dell'influenza espressionista. In questi anni stringe fraterna amicizia con i pittori Mario Radice e Marcello Nizzoli , con i critici Rosa Menni e il marito Raffaello Giolli, con gli architetti Giuseppe Terragni, Gio Ponti, Emilio Lancia), Mario Chiattone, Pietro Lingeri, conosce e frequenta l’industriale e collezionista d’arte Carlo Frua che gli commissiona importanti lavori e che per suo tramite sosterrà economicamente Tullio Garbari nel corso del soggiorno parigino. Nel 1928 apre lo studio di architettura a Milano. Ottiene nel 1930 l'incarico di progettare il nuovo caffè Craja a Milano che, oltre a rappresentare uno dei primi esempi di architettura moderna in Italia, diverrà il luogo di incontro preferito degli artisti d'avanguardia: collaboreranno al progetto gli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, lo scultore Fausto Melotti e l'architetto Marcello Nizzoli. Al Craja stringe amicizia con Luigi Broggini, Alfonso Gatto, Gino e Peppino Ghiringhelli, Adriano di Spilimbergo, Atanasio Soldati, Renato Birolli, Gino Severini, Ernesto Saliva, Luigi Veronesi; in questi anni conosce Aligi Sassu, Aldo Carpi, Felice Casorati Angelo Del Bon, Umberto Lilloni, Mauro Reggiani, Carlo Carrà, Pier Maria Bardi, Sergio Solmi, Leonardo Sinisgalli, Carlo Conte, Cesare Zavattini, Luigi Bolgiani, Raffaele Carrieri. La sua attività professionale continua ponendo le sue nel razionalismo architettonico, secondo una rilettura personale che tiene conto di altre esperienze culturali (futurismo, espressionismo) ed in una posizione operativa di autonomia rispetto a collaborazioni con gruppi e con associazioni di settore: rifiuta in due occasioni l'adesione al CIAM (Congressi internazionali di architettura moderna), così come rifiuta l'invito a collaborare con altri professionisti al progetto per la stazione di Firenze. Nei primi anni Trenta realizza importanti progetti per la città ambrosiana, tra cui: lo stabilimento Italcima (1932- 1936), la Città cinematografica (1933), il complesso architettonico di piazza San Babila (1936, non realizzato). I progetti realizzati saranno esposti alla Triennale di Milano, di cui curerà l'allestimento del Padiglione della stampa nell'edizione del 1933. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel settembre del 1939, in seguito alla delusione per la mancata realizzazione di un grande complesso per Piazza San Babila a Milano lascia l'Italia e si reca a New York, dove risiede fino al 1948, dedicandosi prevalentemente alla scenografia e alla pittura, in quanto l'ordinamento americano non gli riconosceva il titolo di studio conseguito in Italia. Durante la residenza newyorkese ha per compagna Alma Griffith, cognata del regista David Griffith, e stinge rapporti con gli architetti Mies van der Rohe, Walter Gropius, Stamo Papadaky, José Louis Sert, Paul Lester Wiener, con gli artisti Fernand Leger, Amedeé Ozenfant, Alexander Calder, con il critico Siegfried Gideion e con il direttore del Museum of Modern Art Alfred Barr; nel 1947 incontra ed aiuta Depero nel corso della suo secondo viaggio americano. Rientrato a Milano nel giugno 1948 torna ad occuparsi di architettura e riapre lo studio professionale. Conosce l’ingegnere Marcello Grisotti con cui collaborerà sino al 1955. Nel 1950 progetta il Padiglione espositivo delle Acciaierie Breda presentato alla Fiera internazionale di Milano, primo di una serie di Padiglioni fieristici che prosegue fino agli inoltrati anni Sessanta. Nel 1951 entra a far parte della Giunta esecutiva della Triennale di Milano, per la quale cura gli allestimenti di Oslo e di Helsinki dell'anno successivo. In occasione della IX Triennale del 1951 ottiene anche l’incarico per l’allestimento dell’atrio, dello scalone d’onore e del vestibolo superiore coinvolgendo nel progetto una ventina di artisti tra cui Lucio Fontana che realizza un cirro luminoso per il fondale dello Scalone d’onore. Nel 1954 è chiamato a Berlino per la ricostruzione internazionale dell'Hansaviertel, unico italiano accanto a Le Corbusier, Gropius e Niemeyer. Baldessari realizza un grattacielo di 17 piani con la pianta ad H che, insieme agli altri edifici del quartiere, viene reso noto al pubblico internazionale nell’importante Mostra internazionale dell'edilizia Interbau che tenne a Berlino Ovest nel 1957. Il 1957 rappresenta per l’architetto un periodo ricco di importanti riconoscimenti: Riccardo Maroni, editore della Collana artisti trentini (CAT) dedica un volume monografico all’opera di Baldessari, corredata da testi della storica e critica Giulia Veronesi; il volume funge anche da supporto editoriale per l’importante personale che si tiene a Milano presso la Galleria Schettini dal 9 al 22 ottobre 1957. Grazie ai contatti tedeschi di Baldessari e alla dedizione della compagna Schifra l’esposizione milanese, tra il 1958 e il 1959, viene esposta in diverse città tedesche (Technische Hochschule, Frankfurt, 1958; Die Neue Sammlung, Munchen, 1958; Staatlichen Hochschule für bildende Künste, Hamburg 1959) per poi fare ritorno in Italia con un’ultima tappa nella città di Trento. Gli anni Cinquanta rappresentano inoltre per Baldessari una stagione di forte impegno museografico: in particolare si stabilisce un felice sodalizio professionale con il comune di Milano che affida a Baldessari il recupero delle sale di Palazzo Reale (la Sala delle Cariatidi in particolare) e poi gli allestimento di importanti mostre (tra le altre Van Gogh nel 1952, Arte e Civiltà Etrusca nel 1955, Amedeo Modigliani nel 1958). Questi anni vedono Luciano Baldessari impegnato nella progettazione di diversi quartieri e case popolari, tra cui si distingue il Quartiere Feltre a Milano . Negli anni Sessanta Baldessari sviluppa le ricerche ‘neobarocche’ già sperimentate con i Padiglioni Breda del 1951, 1952 e 1954; nel 1964 grazie all’incontro con l’illuminata committente Angiola Maria Migliavacca Barbizzoli riesce a realizzare il desiderio a lungo serbato di costruire una chiesa, e riesce a dare espressione al suo nuovo linguaggio plastico nell’ambito di un monumento duraturo: per la Migliavacca, presiedente della ditta Campari, Baldessari aveva ristrutturato nel 1962-1964 a Caravate una casa di riposo per non vedenti, e successivamente la committente affida all’architetto la costruzione ex novo di un Cappella per gli ospiti del complesso, dedicata a Santa Lucia. Nel 1963 vince il concorso per la nuova sistemazione monumentale della Campana dei Caduti di Rovereto, che non verrà mai realizzata per le accese polemiche che la nuova collocazione della campana apre tra i cittadini roveretani. Baldessari uscirà molto amareggiato da questa annosa vicenda, ma nella prima metà degli anni Sessanta Baldessari aveva lavorato con grande soddisfazione a Rovereto: tra il 1961 e il 1962 costruisce in Condominio ‘Venezia’ e il Condominio ‘Milano’ (dove collabora Lucio Fontana con alcuni tagli in un pannello di gesso usato come soffitto dell’atrio, tagli dai quali si diffonde la luce del neon); nel 1960 si dedica alla progettazione di un Grand Hotel, di un asilo e di un centro commerciale; tra il 1962 e il 1966 si dedica alla costruzione dell’Istituto Tecnico F.lli Fontana, erede della gloriosa Scuola Reale Elisabettina dove l’architetto aveva ricevuto l’istruzione superiore. Nel 1960-1961 ristruttura inoltre la Sala presidenziale della Camera di Commercio di Trento. D’altra parte in Trentino e a Rovereto in particolare Baldessari può contare sull’appoggio dei familiari e sull’affettuosa stima di esponenti delle istituzioni: il cugino Giulio Baldessari, geometra e presidente dell’Azienda Autonoma Turismo di Rovereto; il fratello Mario, paterno punto di riferimento sempre prodigo di consigli; il cugino e pittore Albano Vittorio Casetti che seppur da Roma era presente nelle vicende trentine; gli amici 'Gios' Giuseppe Bernardi, Giuseppe Cagol, Remo Costa, Riccardo Maroni, Mara e Alfredo Pancheri della omonima Galleria, Ferruccio Trentini dell’Accademia roveretana degli Agiati. Nel settembre del 1965 sposa a Basilea l'attrice di prosa Schifra Gorstein, conosciuta ancora nel primo dopoguerra a Berlino. Nel 1967 conosce l'architetto Zita Mosca che da questa data lavorerà sempre accanto a lui come collaboratrice e coprogettista nello studio professionale e che diventerà sua moglie nel 1982. Tra gli anni Sessanta e Settanta partecipa con suoi lavori a importanti retrospettive di carattere collettivo o monografico, nel 1972 è incaricato con Zita Mosca dell’allestimento della grande mostra antologica dedicata a Lucio Fontana
 
Fondi archivistici
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