Artista e poeta, è stato uno dei principali esponenti e promotori della 'poesia visiva'. Nato a Genova il 17 agosto 1935, nel 1955 passa un anno a Londra per imparare l'inglese e formarsi come agente marittimo. La conoscenza della lingua straniera gli permetterà in futuro di lavorare come traduttore dall'inglese all'italiano per numerose case editrici, attività portata avanti parallelamente all'impegno in campo artistico fino al 1970, quando espone le sue opere nella sua prima mostra monografica alla Galleria Arturo Schwartz di Milano e abbandona definitivamente la traduzione. Al suo ritorno dall'Inghilterra vive in Liguria fino al 1966, anno in cui si trasferisce a Milano, dove rimane fino alla morte avvenuta il 7 ottobre 2014.
Nel 1958 conosce l'artista genovese Martino Oberto (1), con cui collabora dai primi anni Sessanta alla rivista 'Ana eccetera', e sulla quale pubblica nel 1965 'Analisi grafica del linguaggio. Rapporto tra il poeta e il suo lavoro', programma teorico in cui presenta la sua visione artistica, teorizzando la creazione di un nuovo linguaggio a partire dal matrimonio tra la scrittura alfabetica ed elementi grafici di varia natura. Carrega «scopre che unitamente al significato [...] e al suo suono, la parola ha una sua visività, una sua presenza fisica, che non viene utilizzata nell'espressione» (2).
Oberto è, assieme a Emilio Villa (3), una figura fondamentale per la formazione artistica di Carrega. Se grazie al primo matura le prime esperienze di analisi grafica del linguaggio (4) dal secondo, definito «l'amico e il maestro di vita e di arte» (5), trae la sperimentazione in «spregiudicata libertà» (6) con le lingue e gli alfabeti più disparati, che Carrega amplierà sino a includere tutti gli elementi che considera linguaggi della contemporaneità, come quelli visivi o gestuali. Sempre nel 1965 fonda, assieme ad altri artisti (7), il progetto editoriale 'Tool', organizzato in sei quaderni, ognuno dedicato alla presentazione di uno degli elementi propri a questa nuova concezione di scrittura: elemento fonetico, elemento preposizionale, lettering, segno grafico, forma e colore. Prende così forma la 'scrittura simbiotica' (che nel 1967 confluirà sotto l'etichetta di 'nuova scrittura') forma di poesia sperimentale che concretizza la visione poetica di Carrega dove segni grafici di natura diversa vengono elevati allo stesso piano per generare significato sulla pagina bianca. In seguito al trasferimento a Milano, dalla fine degli anni Sessanta è sempre più impegnato nell'attività di promozione della poesia verbo-visuale. «Ho creduto (...) in una attività divulgativa fatta per via diretta; ho creduto nei centri culturali, nelle attività voce a voce con coloro che avevano interesse, piacere, volontà per quei miei stessi interessi» (8).
Oltre a continuare a scrivere su riviste specializzate (9) e a teorizzare manifesti dedicati alla corrente (10) fonda a Milano anche diverse associazioni e centri culturali dove organizza eventi ed esposizioni in cui coinvolge diversi esponenti del movimento: nel 1969 nasce il Centro Suolo (11), destinato a chiudere pochi mesi dopo la sua apertura, per poi passare al Centro Tool, in attività dal 1971 al 1973, al quale succede subito dopo il Centro di Ricerca non Finalizzata (12), seguito dalla galleria Mercato del Sale (inaugurata nel 1974) , che ospiterà più di duecento eventi dedicati al concetto di Nuova Scrittura. Ultima di queste esperienze è il centro Euforia Costante, fondato nel 1993 e in attività per circa un anno.
Sempre nel 1974 avviene l'incontro con il collezionista milanese Paolo Della Grazia, appassionato della corrente dell'arte verbo-visuale. Carrega lo aiuterà a fondare, nel 1988, l'Archivio di Nuova Scrittura, associazione culturale nata allo scopo di raccogliere documentazione sulle forme di espressione artistiche nelle quali sia presente il connubio tra parola e immagine, diventando il principale centro di ricerca italiano sull'argomento (13). Fondamentale per la nascita e lo sviluppo dell'associazione è l'esperienza del Mercato del Sale, alla quale l'Archivio di Nuova Scrittura andrà, in un certo senso, a sovrapporsi occupandone la seconda sede in via degli Orti 16.
Ugo Carrega pratica la poesia sin dall'adolescenza, venendo inizialmente influenzato soprattutto da quella italiana tradizionale. Carrega definisce la poesia una vera e propria rivelazione dove la parola, secondo lui massima espressione dell'uomo, viene «scelta e posta nel suo giusto rilievo del suono, della sua struttura fonetica ma soprattutto della sua musica interiore, il significato» (14). Fin da subito s'impegna in un'intensa attività di studio, in modo da stimolare il suo talento del quale lo stesso Carrega si reputa carente. «Avendo avuto fin da piccolo la dedizione a scrivere (...) mi accadeva che ciò che scrivevo la sera mi pareva ripugnante il mattino successivo (...) era il tempo della poesia di grido ma in me, se alla sera c'era un grido, al mattino si rivelava uno sbadiglio. Fu così che cominciai a pensare che se ero debole di testa avrei potuto rinforzare i muscoli attraverso lo studio» (15).
Studio e ricerca caratterizzeranno tutta la sua carriera e la sua produzione artistica, andando a concretizzarsi in un sistema di regole pratico-teoriche alle quali l'artista si attiene, seppur non religiosamente (16), per la realizzazione dei sui componimenti: «Ho abbandonato spontaneamente l'idea che la poesia fosse un fenomeno intuitivo come mi era stato insegnato (...) mi convinco che la poesia sia anche un 'lavoro', ossia un'applicazione razionale agli strumenti e ai materiali» (17). La poetica di Carrega si caratterizza quindi per «l'estrema consequenzialità e costanza, tanto nelle metodologie messe a punto, quanto nella pratica creativa» (18). Negli stessi anni in cui compone le sue prime raccolte di poesie (19) scopre poeti come Ezra Pounds ed E. E. Cummings, dai quali viene ispirato rispettivamente per l'imagismo e per i giochi verbo-visivi. Inizia così a delinearsi in Carrega l'idea di emancipare la scrittura da strumento passivo, funzionale all'oralità, elevandola ad arte, ma non nel senso riduttivo del 'bel' design tipografico, bensì dando «corpo e sostanza sensoriale alla necessaria ma insostenibile immaterialità del concetto astratto» (20) rendendo parola e segno immagini contemporaneamente sia visive che mentali. Inizia così a condurre delle ricerche sul passaggio del pensiero dalla mente alla sua forma materiale di parola scritta.
In seguito a delle prime sperimentazioni sonore e fonetiche verso la fine degli anni Cinquanta (21), Carrega si dedica completamente all'indagine della componente visiva e fisica della scrittura, aumentando così il numero dei possibili prodotti del 'fare poesia', attività solitamente concentrata sulle altre due componenti della parola: suono e significato. Nasce così a metà anni Sessanta la 'scrittura simbiotica', dedicata all'indagine del modo in cui «la mano lascia un segno sulla pagina» (22) per rendere l'originale vivacità dell'attività mentale, nella quale il pensiero non viene creato solo attraverso le parole (23).
«Si tratta di far confluire l'essenza della letteratura nell'essenza della pittura intese entrambe nella loro accezione più ampia mediante un accorgimento che in biologia è nominato simbiosi ossia la convivenza di due organismi differenti per una reciproca utilità. Nasceva così la mia scrittura simbiotica alla base della quale sta la domanda (...) se attorno alla parola amore traccio uno scarabocchio si tratterò di uno scarabocchio amoroso o di un amore scarabocchiato ossia confuso?» (24). In pochi anni la ricerca di Carrega si sviluppa sino ad affiancare al segno grafico della 'scrittura simbiotica' elementi materici come grumi di colore o pezzi di materiali naturali, come il legno o la pietra, usati sia come supporto sia come inserti delle opere. Per l'artista tutto è linguaggio, «un sasso è una parola [e] un segno su una pagina è un sasso grafico» (25), quindi crede fermamente che la poesia debba ampliare i suoi mezzi, senza limitarsi alle semplici parole. Infatti, nella 'poesia materica', qualsiasi oggetto può essere utilizzato al fine di richiamare alla memoria del fruitore esperienze percettive fisiologiche, a volte alterate nel loro significato in base a come l'artista impiega i materiali oppure a come gli combina tra loro o con il testo e i segni grafici.
«Se invece oltre al segno aggiungo al significato verbale delle materie, per esempio un sassetto a ricordare lo scorrere dell'acqua e dunque il trascorrere del tempo, (...) un pezzetto di ramo rinsecchito che ricorda l'albero invecchiato e la decadenza (?) se aggiungo dunque una materia creo ciò che io ho chiamato poesia materica.» (26)
Tutte queste scoperte costituiscono la premessa fondamentale che porta Carrega a coniare nel 1974 il concetto di 'nuova scrittura', nozione-contenitore nella quale confluiscono tutte le ricerche verbo-visuali condotte dall'artista e, più in generale, tutte quelle delle correnti interessate all'indagine sulla scrittura (27).
Nella nuova scrittura qualsiasi elemento impiegato, fisico, mentale o verbale, è linguaggio. La scrittura viene così emancipata dall'essere semplice strumento passivo della voce sino a essere elevata a strumento per rendere l'espressione della mente, acquisendo la funzione di «diretta trascrizione della ricchezza originale delle parola parlata» (28). Grazie a questa nuova forma di linguaggio, secondo Carrega, è possibile avvicinarsi alla resa della complessa realtà dell'epoca contemporanea, nella quale coesistono, spesso compenetrandosi, diversi linguaggi come oralità, scrittura, gestualità e visualità. Non tutti questi linguaggi possono essere letti nel senso più convenzionale del termine (29), quindi la semplice parola non è sufficiente a decodificarli al fine di rendere la vita reale nella sua totalità, composta anche da emozioni e intuizioni. «Io opero con la consapevolezza che il mondo è descritto da proposizioni e che solo attraverso di quelle il mondo è accertabile. Opero convinto che tutto sia linguaggio. In maniera più tecnica, cerco di arricchire, volta per volta, una singola proposizione dentro quei campi di significato che, fra soggettivo e oggettivo, possono dare al lettore il massimo di 'mondanità'. È un lavoro continuo di ricerca.» (30)
Tuttavia, ciò che Carrega offre attraverso la nuova scrittura non è una risposta univoca e assoluta, immediatamente offerta al fruitore dell'opera: il suo scopo è quello di andare a interagire con il pubblico in modo da avere finalmente la possibilità di compiere un'analisi del rapporto tra scrittura e lettura.
Secondo l'artista il prodotto realizzato deve essere indipendente da lui, nonostante sia una sua creazione. Per evitare che nell'opera sia possibile intravedere la traccia e lo stato d'animo del suo autore, quest'ultimo (esperto di sé stesso e della sua calligrafia) deve fare in modo di «governare il segno scrittoriale» (31), in modo che al significato dell'opera non venga sovrapposta la sua visione (32). Un'opera quindi è efficace quanto più riesce a stimolare chi la osserva e quindi, inevitabilmente, a generare una molteplicità di interpretazioni, senza che ci sia il bisogno che queste siano definite a monte (33).
Parallelamente al progredire dell'attività di promotore e organizzatore di eventi dedicati all'arte verbo-visuale l'attività di Carrega nel campo della nuova scrittura si congela e, con l'occasione fornita dall'Archivio di Nuova Scrittura, egli si sente in dovere di 'archiviare' quanto fatto fino a quel momento da lui e da tutti gli artisti impegnati sul fronte verbo-visuale.
Carrega parla della 'conclusione di un ciclo', al quale però ne segue un altro caratterizzato dalla libertà, in cui l'artista è ormai sempre più lontano dalle logiche del mercato dell'arte. Scrive così nel 1989: «Chi verrà al Mercato del Sale troverà un Carrega rinnovato, che ha passato 'il testimone' a qualcun altro e ricomincia ora a correre libero e 'giocondo', nuovamente disponibile a tentare cose nuove, indifferente al rumore di fuori» (34).
Va riconosciuto a Carrega il merito di aver compiuto un'analisi sistematica dell'esperienza dell'arte verbo-visuale e di aver indagato tutte le «possibilità espressive insite nell'uso della parola, e [nel suo utilizzo] come immagine, con un particolare affondo sulla scrittura come processo e fatto sintattico» (35). Questa sua analisi assume particolare valore per il punto di vista immersivo e totale che offre, perché realizzata in epoca contemporanea alla nascita, allo sviluppo e al decorso della corrente e per essere stata effettuata attraverso le diverse attività intraprese da Carrega: quelle di artista, di teorico e di promotore culturale del movimento. La poliedricità del suo ruolo e dei diversi fronti sui quali era impegnato, costituisce anche un ulteriore punto di forza, infatti nei lavori di Carrega «la più puntuale coincidenza tra lo specifico poetico e l'oggetto realizzato si compie quando il 'come' dell'operazione di scambio tra universi di linguaggio (la parola e l'immagine), ma anche tra la componente lirica e quella analitica, si fa centro dell'opera» (36). |